Fuorisacco 2014
Note appunti commenti

  Fuorisacco, 11.07.2014.  Grazie, rettore Ivano Dionigi.

Grazie, rettore Ivano Dionigi, per le parole che ha rivolto ai giovani dell’Alma Mater consegnando loro i premi riservati agli universitari migliori.
Lei ha detto a quei giovani: «Con il vostro sapere fate politica, non lasciatela in mano a coloro che parlano di tutto e non sanno niente».
Con le sue parole, lei ha messo a fuoco il punto principale della crisi italiana, riferendosi della scuola: «Ogni ministro vuole passare alla storia, alcuni non passeranno nemmeno alla cronaca, volendo fare le riforme».
In questo Paese spesso l’aurea regola dei potenti e degli impotenti che vogliono apparire l’opposto, è: «Usi a obbedir tacendo e mentendo a tradir».
Lei ancora una volta ha dato dimostrazione di carattere e di vera cultura, ispirandosi ad un unico principio: rispettare le regole, come dimostra il passo del suo discorso in cui dice di pensare «alla politica come bene comune, quella di chi ha lo sguardo lontano».
Lei ha aggiunto che l’Italia è un Paese «ricco di talenti ma maledettamente povero di sfide, coraggio e risorse».
Anche qualche suo docente, egregio rettore, rispecchia la crisi generale dell’Italia, perché pretende di sapere tutto lui.
Sale in cattedra con la stessa fretta con cui ci si siede nei servizi igienici, ovvero senza badare a nulla se non a soddisfare un’esigenza impellente, un bisogno della propria personalità, ovvero produrre arroganza culturale così come l’intestino produce a proprio piacimento gli avanzi del cibo.
È uno «di coloro che parlano di tutto e non sanno niente», anche se titolo ed onori accademici gli permettono di apparire completamente l’opposto.
E per mascherare la sua «ignorantia rerum», cioè la non conoscenza di fatti, testi e documenti, costui pontifica comicamente, aggrappandosi alla contestazione non di un testo, ma delle prime parole di una didascalia…
È accaduto al sottoscritto che è pronto a spiegare tutto nei minimi particolari, a lei, egregio rettore, da vecchio studente dell’Alma Mater laureatosi nel lontano 1966.
Auguri per tutto, rettore Dionigi.

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA.
[Le citazioni del prof. Dionigi sono riprese dalla pagina bolognese di "Repubblica" del 10 luglio 2014, firmata da Ilaria Venturi.]


  Fuorisacco, 09.07.2014.  Tutti parlano male dei giovani d'oggi.

Tutti parlano male dei giovani d'oggi. I quali nella scuola sarebbero sprovvisti degli «strumenti per ragionare correttamente e per sviluppare un pensiero critico», come recita il sottotitolo di un articolo dello storico prof. Roberto Balzani, apparso su «Domenica» del «Sole-24 ore» il 6 luglio.

Balzani alterna passaggi profondamente teorici ad esempi molto chiari. Come quello in cui propone la domanda, in prospettiva didattico-pedagogica, su che cosa vogliano dire queste tre parole: «pubblico», «privato», «comune».

Il dramma del nostro Paese, mi permetto di osservare, è che la loro differenza concettuale è ignorata non soltanto dagli studenti, ma dalla classe dirigente del nostro Stato come scandali, corruzione, illegalità e tutto ciò che le cronache giudiziarie raccontano, possono testimoniare.

Anche a noi ragazzi di sessanta anni fa toccò di essere definiti ignoranti e menefreghisti.
La più bella soddisfazione la ebbi, una volta laureato ed in procinto di sostenere l'esame di abilitazione all'insegnamento, quando lessi un articolo dell'illustre filosofo prof. Guido Calogero, secondo cui i commissari di quegli esami, tutti docenti in ruolo in quanto vincitori di concorso, erano più ignoranti dei candidati che essi dovevano esaminare.

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA


  Fuorisacco, 07.02.2014.  Pro «Memoria»

Si fa presto a dire «Giorno della Memoria» e poi scordarsi di tutto, per il resto dell'anno. Troppo comodo ridurre i tragici ricordi del passato ad una cerimonia alla quale molta gente partecipa come se fosse un evento mondano qualsiasi.
Una vera «Educazione alla Memoria» dovrebbe realizzarsi come impegno culturale continuo, fatto non tanto di proiezioni cinematografiche (che affascinano ma non possono dire tutto), ma soprattutto di considerazioni sugli eventi accaduti anche prima dell'ultima guerra mondiale, per andare indietro nei secoli, e cercare di comprendere come ad esempio nasca l'odio verso chi non la pensa come chi gestisce il potere, sia quello della Chiesa o quello degli Stati.
E se poi si volesse essere anche un poco più pazienti ed intelligenti, bisognerebbe scomodare anche una piccola riflessione sul Male, sia quello Assoluto sia quello relativo.
Per arrivare a toccare sponde piene di scogli messi lì per nascondere il vero nocciolo del problema: dov'è l'origine di quel Male che troviamo nelle vicende di popoli diversi ed in fasi storiche tanto differenti tra loro?
A questo punto bisognerebbe ricordare scomode verità, come i roghi ecclesiastici nei confronti degli eretici.
Il 29 maggio 1416, avviene l'esecuzione di Girolamo da Praga, seguace di Giovanni Huss, bruciato vivo il 6 luglio dell'anno prima. Poggio Bracciolini ne scrive in una lettera a Leonardo Bruni, da Costanza il giorno successivo, 30 maggio 1416.
Girolamo è vissuto per trecentocinquanta giorni «in durissimis carceribus, in sordibus, in squalore, in stercore, in compendibus, in rerum omnium inopia».
La sua reazione costringe ad ascoltarlo: era venuto al concilio spontaneamente per scolparsi: «Addiderat insuper se sponte venisse ad concilium ad se purgandum».
Girolamo difende Giovanni Huss: nulla egli aveva sostenuto contro la Chiesa («ait nihil illum adversus Ecclesie Dei statum sensisse»).
Secondo Girolamo, Huss aveva soltanto lottato contro l'abuso dei preti, contro la superbia, il fasto e la pompa dei prelati: «sed adversus abusus clericorum, adversus superbiam, fastum et pompa prelatorum».
La descrizione della morte di Girolamo tra le fiamme si sintetizza in queste parole: «vir praeter fidem egregius», uomo egregio oltre ogni credenza, come traduceva Eugenio Garin.
«Memoria» è anche rileggere Poggio Bracciolini, ripensare a Giovanni Huss e Girolamo da Praga. Per stare dalla parte di chi era torturato o bruciato, e non dalla parte di chi accendeva i roghi.
Ma quante persone sono oggi disponibili a credere a siffatta «Educazione alla Memoria»?

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA



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