Fuorisacco, 12.03.2015.  Giornali più liberi, più democrazia.


Lettera sul "Corriere Romagna", 12.03.2015
Ha ragione il sindacalista Roberto di Francesco quando condensa il problema fondamentale della realtà politica e culturale italiana di questo momento con un motto semplice nella formulazione, ma molto complesso nella sua sostanza logica: occorre che i giornali siano più liberi per poter godere noi tutti di più democrazia.
La questione non è ottenere un assistenzialismo di Stato che garantisca la sopravvivenza di testate che possono poi passare alla cassa, senza dover rispondere a nessuno di come i soldi pubblici sono stati utilizzati. Il problema di fondo è quello di essere consapevoli che ciò che arriva al lettore non dev'essere un bollettino della vittoria delle forze politiche che in quel momento governano una città, una regione o addirittura tutta la Nazione.
Ogni redazione dovrebbe mettere su ogni scrivania, davanti ad ogni computer un semplicissimo biglietto od avviso ai naviganti-cronisti: «Per l'incenso, rivolgersi altrove». Perché i politici amano il consenso, appunto il turibolo che li onora ed esalta, non amano la discussione o la critica.
Il dovere della stampa di essere il quarto Potere, ovvero il cane da guardia degli altri tre (legislativo, esecutivo e giudiziario), è teoria vecchia, molto consolidata nella Storia, e soprattutto nelle analisi di quando tale teoria è stata tradita e coperta dalle ceneri dell'autoritarismo, come insegnano le tragiche vicende del Novecento europeo.
Ben 45 anni fa fu avviata nelle scuole italiane la prima sperimentazione della “lettura del quotidiano in classe”, intrapresa dalla Federazione della Stampa che organizzò persino un convegno a Fiuggi, durante il quale non mancò un fuori-programma con l'arrivo rumoroso dei Sessantottini che non volevano sprechi di denaro pubblico per iniziative private come quelle editoriali. Dietro le loro grida c'era forse soltanto il sogno di tante piccole “Pravde” che non sono mai mancate nel giornalismo per giocare il gioco del Potere od affossare nell'ignominia le critiche ad esso.
A Rimini, quella sperimentazione fu avviata dal preside Giorgio Torri nella Media Unica n. 8 di Miramare, proprio nel momento in cui a lui non riuscì di ottenere dal Comune l'intitolazione della scuola ad Alberto Marvelli, per cui si ripiegò su Agostino Di Duccio.
Con il preside Torri fui presente al convegno di Fiuggi, a cui partecipò anche un altro docente riminese, don Domenico Calandrini, brillante e vivace intellettuale, nonché attento giornalista con una lunga esperienza romana.

Antonio Montanari
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  Fuorisacco, 28.02.2015.  Il primo Capo di Stato fu Alcide De Gasperi.


Lettera sul "Corriere Romagna", 28.02.2015
Il primo Capo di Stato della Repubblica italiana è Alcide De Gasperi, dal 13 al 28 giugno 1946.
La Repubblica nasce il 18 giugno, con la proclamazione dei dati definitivi del referendum istituzionale tenutosi il 2 giugno.
Il re Umberto II, subentrato al padre Vittorio Emanuele III il 9 maggio, ha lasciato l'Italia per il Portogallo alle ore 16:07 del 13 giugno.
Il giorno prima, 12 giugno, alla fine della mattinata, Umberto II ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, per informarlo che intendeva aspettare la proclamazione definitiva della Cassazione sul voto referendario prima di andarsene.
Il 10 giugno, infatti, la Cassazione aveva già fornito i dati provvisori che davano per sconfitta la monarchia. Nel pomeriggio del 5 giugno, un'anticipazione del ministro dell'Interno Giuseppe Romita aveva ipotizzato lo stesso verdetto.
Alla lettera di Umberto II, il Consiglio dei Ministri risponde nella tarda serata dello stesso giorno, 12 giugno, con una delibera che attribuisce al proprio Presidente, Alcide De Gasperi, le «funzioni» ma non i poteri di Capo provvisorio dello Stato, in un «regime transitorio» a partire dal giorno successivo, 13 giugno. Dopo questa delibera, Umberto II decide di andarsene da Roma.
Il 18 giugno, i dati definitivi della Cassazione stabiliscono la vittoria della Repubblica, con 453.506 voti in più rispetto all'opzione monarchica.
Il 28 giugno è eletto Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, insediatosi il primo luglio 1946 non al Quirinale ma a Palazzo Giustiniani. Il 13 luglio entra in carica il secondo governo De Gasperi.

Antonio Montanari
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  Fuorisacco, 23.02.2015.  Cronache giudiziarie e galatei pubblici.


Lettera sul "Corriere Romagna", 23.02.2015
«E a casa tua lo faresti?» chiede l'amministrazione comunale di Rimini ai suoi cittadini, per diffondere un po' di cosiddetta buona educazione nei comportamenti collettivi. Bene. Può un cittadino rivolgere la stessa domanda a pubblici e privati amministratori di cui si sta occupando in questi giorni la cronaca giudiziaria: «A casa vostra, lo avreste fatto?».

Antonio Montanari
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