Antonio Montanari

Il ribelle don Oreste Benzi,
5 novembre 2007

Il discorso del Vescovo Lambiasi alle Autorità di Rimini, in occasione della festa di san Gaudenzo, patrono di Rimini, il 14 ottobre scorso, è cominciato con un ricordo di don Oreste Benzi, morto il 2 novembre 2007, definito "un prete santo".
Riproduco una pagina del Rimino del 5 novembre 2007, dedicata al "ribelle" don Oreste, come allora veniva visto.

Adesso che è scomparso, tutta la gerarchia ecclesiastica plaude all'opera infaticabile di don Oreste Benzi, e lo rimpiange. Ma ci sono stati tempi in cui la sua «tonaca lisa» (come recita il titolo della  biografia scritta da Valerio Lessi), dava molto fastidio a quella stessa gerarchia, dal centro romano alla periferia riminese. Nella quale egli era nato ed ha vissuto tutta la sua esperienza sacerdotale ed umana poi rilanciata nel mondo.
Non era un prete accomodante. Anzi. Convinto di essere sempre dalla parte giusta, perché così lo ispirava il Vangelo, non ha mai cessato di dare battaglia ai potenti, in un Paese in cui l'inginocchiarsi ai potenti è un'abitudine derivata da un passato fatto della devozione ai signori feudali più forte di quella alla Chiesa.
Frutto di questa mancanza di laicità, l'Italia ha visto sempre proiettarsi sulle sue vicende politiche le ombre di un integralismo spesso legato ad interessi di bottega ed a sotterfugi di comodo.
Ha sempre parlato ed agito apertamente, talora infastidendo anche i più ben disposti verso di lui per un tono che non ammetteva repliche, ma con il sorriso che cancellava ogni divisione. Come è  stato detto, non nutriva antipatie, non conservava rancori. E questo perché rifuggiva da ogni diplomazia nei rapporti con i signori del potere, ai quali dovette sembrare un po' come quel padre Cristoforo manzoniano che alzava la voce in casa di don Rodrigo: «Verrà un giorno...»”.

E come il frate seicentesco, questo prete del ventesimo secolo sapeva che «Dio ha sempre gli occhi sopra» i poveri. Gli «ultimi» di cui parla il Vangelo, sono stati al centro dell'azione di don Benzi sino alla vigilia della sua scomparsa.

Un bel ritratto di questo prete, scomodo per la gerarchia ma amato non per quello che diceva soltanto ma per quello che ha concretamente realizzato nell'utopico progetto evangelico, è stato tracciato dallo storico bolognese Alberto Meloni: don Benzi è stato espressione di quel modello emiliano-romagnolo, «dove il cattolico la rispettabilità se la guadagnava non in biblioteca, ma sul campo, contrapponendo radicalismo a radicalismo».

Ritratto che tuttavia richiederebbe un'appendice inevitabile: sul rapporto fra il radicalismo di una fede e la laicità dello Stato.

Antonio Montanari
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