Antonio Montanari

Alberto Marvelli
Uno dei giovani riminesi che negli anni 1945 e 1946 s'aggirano fra le macerie, è molto conosciuto in città. Si chiama Alberto Marvelli. È nato nel 1918 in una famiglia colpita dalla dittatura. Suo padre Alfredo, impiegato di banca (morto nel 1933), era stato licenziato senza liquidazione per non aver aderito al fascio. Ha frequentato il liceo classico con Federico Fellini, è iscritto all'Azione cattolica. Dopo l'ingresso (1936) alla facoltà d'Ingegneria meccanica a Bologna, s'è avvicinato al circolo fucino conoscendo Benigno Zaccagnini. Ha avuto contatti con Aldo Moro e con Igino Righetti (1904-1939), un riminese emigrato a vent'anni a Roma dove insegnò all'università Lateranense, uno dei massimi dirigenti cattolici italiani del tempo, amico di monsignor Giovan Battista Montini futuro Paolo VI. Marvelli attraverso ripetute letture dell'Umanesimo integrale (1936) di Jacques Maritain, si è educato «ai valori più importanti della politica: la democrazia, la libertà, la solidarietà, che forniranno le armi spirituali e culturali della resistenza al fascismo» (Lanfranchi 1996, pp. 86-89). Ha lavorato a Milano ed a Torino. Nel 1942 è ritornato a Rimini dopo aver lasciato la Fiat. Insegna all'Istituto tecnico industriale. Lo chiamano alle armi per la seconda volta. Nel 1941 dopo la laurea era stato mandato a Trieste, e poi congedato quale terzo fratello che aveva ricevuto la cartolina precetto. Adesso parte per Treviso. Uno degli altri due fratelli, Lello, muore sul fronte russo. Dopo l'8 settembre torna a Rimini ed è precettato dalla Todt, l'organizzazione tedesca del lavoro. Per Alberto entrare nella Todt non significava collaborare con i nazisti, ma tentare d'impedire la deportazione di tanti giovani. Sfruttando il cognome tedesco della madre Maria Mayr, e la conoscenza della lingua, Marvelli riesce a salvare dalla deportazione diversi giovani. Arrestato, è imprigionato a Santarcangelo. Una notte fugge insieme ad altri amici. Quando nel novembre 1943 iniziano i bombardamenti su Rimini, la famiglia Marvelli si trasferisce a Vergiano, a sette chilometri dalla città. Ogni giorno in bici fa la spola con Rimini. Soccorre feriti, assiste moribondi, aiuta i ricercati a trovare un rifugio. Agli sfollati rimedia del cibo. Sempre in movimento dopo ogni scarica di bombe, il suo zaino porta i segni delle schegge che lo sfiorano. «Fratello degli sfollati, Alberto regala tutto ciò che ha di suo. Materassi, abiti, scarpe, medicine», scriverà Luigi Gedda. Dopo aver abbandonato Vergiano, la famiglia Marvelli si reca a San Marino. Alberto quotidianamente percorre chilometri di strada in bicicletta per procurare cibo e indumenti ai più bisognosi. Quando gli alleati occupano Rimini, si torna a casa. (Lanfranchi 1996, passim)
Da "Storia di Rimini", Rimini 2004, p. 302.

Antonio Montanari
il Rimino Riministoria. 2423

13.08.2017