Caterina Vizzani. Un libro di Marzio Barbagli.
Articolo di Michele Smargiassi, "la Repubblica", 1.2.2014

Michele Smargiassi ("la Repubblica", 1.2.2014) nel presentare il libro «Storia di Caterina» di Marzio Barbagli (Il Mulino pagg. 243, euro 16), scrive su Giovanni Bianchi:

«Fu forse per il rimorso di non essere accorso subito al suo capezzale che Giovanni Bianchi, cattedratico illustre dell’Università di Siena, s’incuriosì della sorte di quel povero corpo di uomo, tale Giovanni Bordoni, maggiordomo, spirato il 16 giugno del 1743 sui pagliericci dell’ospedale di Santa Maria della Scala a Siena, che una volta spogliato dai becchini aveva rivelato, sorpresa, di essere il corpo d’una giovane donna. Qualche indagine svelò la sua storia: donna era nata, Caterina Vizzani, ma appena adolescente non lo volle più rimanere, fu quando s’innamorò della compagna di cucito Margherita, e dovette fuggire e travestirsi per scampare alle ire del padre di lei. Diventò così Giovanni, e si trovò un lavoro da cameriere, eccellente ed espertissimo cameriere, di cui gli aristocratici padroni furono sempre più che soddisfatti, tanto da perdonargli l’unico difetto, quel suo vizio di «donnajuolo » impenitente. Ma una delle dongiovannesche sue avventure, il rapimento della nipote del parroco di Montepulciano, alla fine gli (o le) fu fatale: fuga, inseguimento e un letale colpo di archibugio. [...] Ma il professor Bianchi non s’accontentò. Dentro di lui lo scienziato proto-illuminista non riuscì a non cercare una risposta alla domanda: perché? Perché una donna ama le donne? Indagò. Si fece sociologo e antropologo ante-litteram. Esaminò il corpo. Lesse libri. Ebbe il coraggio di scartare una per una le risposte correnti della scienza e della morale del suo tempo. [...]
Ma Bianchi ebbe l’onestà di riconoscere che Caterina non era vittima né dell’«anatomia indiscreta» né della volontaria perversione, che il suo corpo era “normale”, che era cresciuta in un ambiente moralmente sano. Semplicemente: amava le donne, le aveva sempre amate, e amava solo loro. Caterina, riconobbe il professore tracciando una precoce, confusa ma modernissima distinzione fra sesso, genere e orientamento, apparteneva a un genere di esseri umani, di cui la poetessa Saffo fu la prima a osare quel che oggi chiameremmo un coming out.
E il libro che alla fine scrisse a suo rischio, sotto falso nome e «alla macchia», ma che suscitò interesse in tutta Europa, fu forse proibito per questa laica, inedita, pioniera».



Michele Smargiassi ("la Repubblica", 1.2.2014)

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1982, 02.02.2014.
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