Rimini si racconta

A chi sto antipatico

Un lettore mi attacca. 2002

In un Tama del 1992, per i dieci anni della rubrica, scrivevo che a qualcuno risultavo indigesto. Qui porto un esempio concreto. Si tratta del Tama 826.

No Martini?
Luciano Canini mi ha scritto una lettera (vedi lo scorso Ponte), dai toni graziosamente apocalittici, sui quali non concordo. Non hanno ragione i reazionari dell'Ottocento i quali pensavano che la democrazia avrebbe «alla lunga» avvelenato morale e religione. Società liberale e democratica non sono la stessa cosa, e non abbiamo bisogno di un «onesto Bonaparte cattolico» (cosa del tutto improbabile se non impossibile, per un contrasto semplicemente logico fra gli aggettivi ed il sostantivo).
Abbiamo bisogno invece di tanti cardinali Martini che dicano, come lo scorso primo maggio ha fatto l'arcivescovo di Milano, che occorre «una partecipazione convinta e unitaria per i comuni obiettivi di giustizia ed equità». E che «non serve tanto lamentarsi ma serve unire insieme capacità e sensibilità e costruire, con le altre forze sociali e istituzionali, una realtà più umana».
Quanto ai giornalisti, Canini li considera degli anarchici pericolosi. Alcuni aneddoti. Mario Missiroli negli anni '50 diresse il Corrierone. A chi gli suggeriva di trattarvi argomenti spinosi, rispondeva sempre che, per farlo, sarebbe stato necessario avere a disposizione un giornale. In un suo recente (e postumo) libro-intervista, Indro Montanelli ricorda che Missiroli ad ogni crisi di governo «scriveva tre fondi, sempre gli stessi». Il primo era intitolato «Grave errore», perché ogni crisi turbava lo status quo. Dopo cinque o sei giorni, veniva il secondo, «Sulla buona strada». Infine, conclude Montanelli, giungeva il terzo, «La giusta soluzione». Nella rubrica «Iceberg» della Stampa (proprietà della Fiat), il 3 maggio si è letto che «la prova cruciale della vitalità di una democrazia è la vitalità dei suoi media».
Un ricordo di famiglia. Quando ci fu la tragedia del Vajont mio zio Guido Nozzoli scrisse per il Giorno degli articoli sulle responsabilità della società che gestiva la diga idroelettrica: fu denunciato e processato. A chiedere la sua assoluzione in sede dibattimentale, fu addirittura il Pubblico ministero. Dai cronisti ai politici: è uscito il diario postumo di Paolo Emilio Taviani. Forse nei prossimi giorni se ne discuterà. Scotteranno le sue rivelazioni sulle stragi, a partire da quella del 12 dicembre 1969, a piazza Fontana: egli tira in ballo «settori deviati dei servizi segreti». Chi ha la mia età, sa che non sono affermazioni originali. Allora non le scrissero gli ex ministri, ma certi giornalisti piantagrane. [826] Luciano Canini mi ha scritto una lettera (vedi lo scorso Ponte), dai toni graziosamente apocalittici, sui quali non concordo. Non hanno ragione i reazionari dell'Ottocento i quali pensavano che la democrazia avrebbe «alla lunga» avvelenato morale e religione. Società liberale e democratica non sono la stessa cosa, e non abbiamo bisogno di un «onesto Bonaparte cattolico» (cosa del tutto improbabile se non impossibile, per un contrasto semplicemente logico fra gli aggettivi ed il sostantivo).
Abbiamo bisogno invece di tanti cardinali Martini che dicano, come lo scorso primo maggio ha fatto l'arcivescovo di Milano, che occorre «una partecipazione convinta e unitaria per i comuni obiettivi di giustizia ed equità». E che «non serve tanto lamentarsi ma serve unire insieme capacità e sensibilità e costruire, con le altre forze sociali e istituzionali, una realtà più umana».
Quanto ai giornalisti, Canini li considera degli anarchici pericolosi. Alcuni aneddoti. Mario Missiroli negli anni '50 diresse il Corrierone. A chi gli suggeriva di trattarvi argomenti spinosi, rispondeva sempre che, per farlo, sarebbe stato necessario avere a disposizione un giornale. In un suo recente (e postumo) libro-intervista, Indro Montanelli ricorda che Missiroli ad ogni crisi di governo «scriveva tre fondi, sempre gli stessi». Il primo era intitolato «Grave errore», perché ogni crisi turbava lo status quo. Dopo cinque o sei giorni, veniva il secondo, «Sulla buona strada». Infine, conclude Montanelli, giungeva il terzo, «La giusta soluzione». Nella rubrica «Iceberg» della Stampa (proprietà della Fiat), il 3 maggio si è letto che «la prova cruciale della vitalità di una democrazia è la vitalità dei suoi media».
Un ricordo di famiglia. Quando ci fu la tragedia del Vajont mio zio Guido Nozzoli scrisse per il Giorno degli articoli sulle responsabilità della società che gestiva la diga idroelettrica: fu denunciato e processato. A chiedere la sua assoluzione in sede dibattimentale, fu addirittura il Pubblico ministero. Dai cronisti ai politici: è uscito il diario postumo di Paolo Emilio Taviani. Forse nei prossimi giorni se ne discuterà. Scotteranno le sue rivelazioni sulle stragi, a partire da quella del 12 dicembre 1969, a piazza Fontana: egli tira in ballo «settori deviati dei servizi segreti». Chi ha la mia età, sa che non sono affermazioni originali. Allora non le scrissero gli ex ministri, ma certi giornalisti piantagrane. [826, Ponte n. 18, 12.05.2002]
Antonio Montanari
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