Rimini si racconta ![]() 17.08.2009 Addio a Tullio Kezich, biografo di Fellini Il più autorevole studioso dell'autore di "Amarcord" ![]() Se ne è andato Tullio Kezich, ad 80 anni. Per Rimini rappresenta la voce più autorevole tra gli studiosi del cinema di Federico Fellini. Al quale aveva dedicato una splendida biografia nel 1988. Nello scorso marzo, Tullio Kezich era stato nominato presidente onorario della Fondazione Fellini che ha sede a Rimini. Il 31 ottobre 1996, sul "Corriere della Sera" apparve un articolo di Maurizio Porro in cui si annunciava la presentazione di un volume di Kezich, il diario felliniano dopo la scomparsa del regista... "Biografo ufficiale" definiva Porro, Kezich. Su cui del regista riminese riportava questa frase-aneddoto: "Se volete sapere cosa ho fatto venerdì scorso, non chiedetelo a me, ma a Kezich". Un piccolo omaggio a Kezich, mi permetto di offrirlo con un testo che pubblicai nel 2003, "Vitelloni riminesi nati a Roma", in cui si parla anche di lui. Vitelloni riminesi nati a Roma Il ricordo di Alberto Sordi ne ripropone la leggenda Proprio cinquantanni fa escono nelle sale cinematografiche «I vitelloni» di Federico Fellini con Alberto Sordi imposto dal regista: lambiente del cinema gli è contrario, lo considerano «collezionatore di insuccessi e antipatico al pubblico». La società che distribuisce il film «pretende per contratto che il nome di Alberto Sordi non compaia nei manifesti». Lo ricorda Tullio Kezich nella biografia di Fellini. Quella situazione testimonia come i simboli nascano fortissimamente anche quando tutto vi si oppone. Proprio con «I vitelloni» fiorisce il successo del comico romano che allora contemporaneamente si esibiva con la rivista di Wanda Osiris, in giro per lItalia, per cui Fellini doveva rincorrerlo di città in città. Già il titolo era una parola nuova. Ancora Kezich: sul termine vitellone, si apre un dibattito filologico. Esso sarebbe marchigiano e non romagnolo, più legato al lessico familiare di Ennio Flaiano, il quale ne scrisse nel 1971 ricordando come dalle sue parti ed ai suoi tempi fosse usato «per indicare un giovane di famiglia modesta, magari studente, ma o fuori corso o sfaccendato». Nascerebbe cioè non dal «vidlòn» riminese, ma dal «vudellone» (grosso budello) del centro-Italia, «persona portata alla grosse mangiate», scriveva ancora Flaiano, «e passato in famiglia a indicare il figlio che mangia a ufo, che non produce, un budellone da riempire», insomma. Commenta Kezich: «A Rimini questo tipo di giovinastri vengono tuttora chiamati birri». Allestero il titolo del film deve ovviamente cambiare: sono ragazzi pigroni per gli inglesi, scioperati per i tedeschi, inutili in Spagna. Soltanto i francesi accettano loriginale, ovviamente accentato, «Les vitellonì». Dunque Alberto Sordi diventa il simbolo di certa gioventù indigena, lui «romano de Roma», con letichetta del nome per antonomasia ricalcata fuori di qui, in un film tutto girato in mezzItalia. Così nascono i miti. Cè un accumulo di circostanze ed invenzioni che poi si addensano soltanto sopra chi le interpreta e le mostra al pubblico. Così Sordi è diventato per tutti, sino alla sua scomparsa, lAlbertone Vitellone. In occasione delluscita del film, Fellini spiegava a «Cinema nuovo» (leggiamo da «A come Amarcord. Piccolo dizionario del cinema riminese» di G. M. Gori): «Mi è venuta la tentazione di giocare ancora uno scherzo a certi vecchi amici che avevo lasciato da anni nella città di provincia dove sono nato. [...] Così da qualche giorno mi sono messo a raccontare quello che ricordavo delle loro avventure, le loro ambizioni, le piccole manie, il loro modo particolarissimo di passare il tempo». Secondo Kezich, «è inesatto affermare che il regista racconta nel film i proprî ricordi: Federico non arrivò a diventare un vitellone, se ne andò prima e il gruppo rievocato nella vicenda, del quale faceva parte anche il pittore Demos Bonini, era formato da giovani che avevano otto o dieci anni di più, portavano grandi cappotti, cappelli da uomo, sciarponi, baffetti e cappelli curati. Un gruppo che mai avrebbe permesso a Federico o a Titta [Benzi], adolescenti liceali, di avvicinarsi per fare comunella». Quando nel 1967 uscì «La mia Rimini» di Federico Fellini, un lungo capitolo scritto da Guido Nozzoli vi rappresentava «Lavventurosa estate dei birri». Niente vitelloni. La vecchia parola birri splende con tutta la forza di una tradizione che rifiuta il nuovo conio del film con Sordi. Il birro, spiega Nozzoli, «è il giovane intraprendente, spavaldo, apparentemente cinico, un po esibizionista e aggressivo» che negli intervalli delle sue avventure amorose estive «combina scherzi quasi sempre eccessivi e molesti, organizza cene da olio santo, qualche volta si azzuffa e rompe lanima alla gente» con il cosiddetto «lampézz»: un «tormentino inflitto con una serie di battute un po assurde e di piccole punzecchiature apparentemente correttissime da cui la vittima presa di mira conoscente o no resta invescata un po per volta, col rischio di mattire senza accorgersene. O è una ripetizione incessante e allucinante della stessa battuta, dello stesso motivo». Tutto, conclude Nozzoli, finì con la guerra: «Dalle macerie stava uscendo una città nuova, intraprendente, un po disordinata. Irriconoscibile». Le estati dei birri erano finite. Continuavano però gli anni dei vitelloni, con regìa di Federico Fellini. Proprio cinquantanni fa. Con lAlbertone nazionale diventato emblema di storie che la fantasia e la leggenda dicono legate a Rimini, ma ad una Rimini che però rappresenta il Mondo. Vi pare poco? Rimini si racconta, indice Antonio Montanari Fonte: Diario italiano. Il Rimino 164, anno XI. Agosto 2009 "Riministoria" è un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", è da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 07.03.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 05.08.1981, n. 416", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 67, 21.03.2001. © Antonio Montanari. [1750, 14.09.2012. Agg.: 14.09.2012, 17:10]. Mail ![]() Fonti di questa pagina, su Alice, su Virgilio, su Libero. |